Questo articolo è comparso anche sul numero 366 della rivista Animazione Sociale
Da anni, come cooperativa sociale, accogliamo richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale (Progetti SAI). Con il passare del tempo la componente femminile ha acquisito maggiore rilevanza anche per la sempre più numerosa presenza di nuclei monoparentali mamma-bambino.
La questione della maternità e della gestione/crescita dei figli lontano dalla propria cultura, dalle famiglie di origine e dal supporto della propria rete sociale ha fatto sì che, come operatrici, rilevassimo non poche
difficoltà, soprattutto a carico delle donne: difficoltà relative alla gestione famigliare quotidiana, ma anche alla gestazione e alla maternità nelle varie fasi di crescita dei figli (svezzamento, inserimento scolastico, modalità educative…).
Per questo, in collaborazione con il Consultorio familiare cittadino, negli anni passati abbiamo organizzato incontri formativi e gruppi di auto-mutuo aiuto tra donne, affiancate da psicologhe e ginecologhe, in cui insieme si è riflettuto su questioni delicate come la sessualità, la contraccezione, la menopausa. Più in generale, c’è stato uno scambio di esperienze e di domande circa la salute femminile, supportato da educatrici, mediatrici linguistiche e culturali, ginecologhe.
Il fascino del cerchio
Questi incontri tra donne di diverse culture hanno portato le loro domande in un setting completamente diverso da quello dello studio medico. Anche per favorire un dialogo più leggero e meno inibito, gli appuntamenti si sono svolti al «Ricreatorio» della città, dove le partecipanti hanno potuto condividere spazi e tempi con altre donne di tutte le età.
Dal 2022 il passo ulteriore è stato allestire uno spazio dedicato unicamente a donne migranti o in accoglienza SAI e incentrato sul riconoscimento e sul dialogo tra loro.
Questa occasione, progettata in collaborazione con l’esperienza cittadina «Spazi del sé», ci ha visto costruire insieme a questo centro di medicina integrata (medici e terapeuti esperti in «medicina dell’essere») un nuovo strumento di lavoro che al centro pone non la singola persona, ma il «cerchio-gruppo» femminile.
Perché il cerchio-gruppo? Perché così si tiene in considerazione il benessere psico-fisico di tutte e si assolve alle necessità di incontro, riconoscimento e scambio che si hanno in questi momenti della vita, ricreando in tal modo un’inedita forma di auto-mutuo aiuto basata sull’esperienza di genere.
Grazie alla costruzione di questo percorso, integrando le figure educative con la figura della doula ” (una professionista assistenziale formata nel supporto alla donna durante tutto il percorso perinatale, dalla gravidanza al post-partum), sono nati i «Cerchi di Donne» realizzati ad hoc in base alle loro necessità sui temi della maternità e della genitorialità e facilitandole nella comprensione reciproca con modalità linguistiche semplificate.
Sono tante le tematiche emerse e gli scambi all’interno del cerchio che è stato vissuto in modo attivo e coinvolgente da quante ne hanno fatto parte. Fondamentali sono stati l’appoggio e i consigli richiesti
dalle partecipanti alla conduttrice doula, ma anche lo scambio di esperienze tra pari e il rendersi conto di non essere sole nelle difficoltà, né le uniche ad aver trovato uno scoglio nel mare della vita.
Non è facile gestire la maternità e la crescita dei figli lontano dalla propria cultura, dalle famiglie di origine e dal supporto della propria rete sociale.
L’incrocio fra vissuti così simili e diversi
È stato emozionante partecipare alla condivisione di esperienze come quella di Jamila (i nomi citati sono di fantasia) dall’Afghanistan che avrebbe partorito circa tre mesi dopo e che avrebbe ammesso il marito in sala parto perché unico componente della famiglia in Italia. Normalmente nella sua cultura lui non avrebbe certo assistito alla nascita, Jamila avrebbe avuto accanto a sé la mamma, le zie, la sorella.
Non meno interrogante è stato il racconto di Mary, nigeriana, che prima di arrivare in Italia ha vissuto per qualche anno in Germania dove non conosceva la lingua e si apprestava a partorire il secondo figlio.
In ospedale ha iniziato il travaglio ma dopo una regolare dilatazione uterina la situazione ha iniziato a precipitare, probabilmente a causa di stress, scarsa comprensione del tedesco, estraneità alle modalità, alle persone presenti e all’ambiente. Ha dovuto accettare di dare alla luce suo figlio anestetizzata e
con taglio cesareo.
Fatou dal Gambia ha portato avanti la gravidanza in Italia e la piccola Amie ha partecipato con la mamma a tutti i Cerchi di Donne, quieta e attaccata al seno. Il legame con la sua piccola, l’allattamento al seno e, prima della nascita, la preparazione a un parto naturale sono stati i punti di maggiore interesse e studio per lei. Fatou ha fatto ricerche basandosi anche sul suo bagaglio di origine e ha condiviso ciò che le è stato utile con le altre partecipanti agli incontri, fino a mostrare degli esercizi fisici scoperti su YouTube che l’hanno aiutata a essere preparata al travaglio.
Il racconto condiviso di questi aspetti fondamentali della vita umana ha aiutato tutte le donne a ricostruire parti della propria storia, soprattutto quando si tratta di storie che hanno bisogno di rimettere insieme i propri «pezzi» perché interrotte da violenze, separazioni, lutti, abbandoni.
La libertà nell’offrire contributo personale
Durante gli incontri è stato richiesto alle partecipanti di portare proposte, far emergere domande e tematiche di loro interesse. Il ghiaccio si è rotto presto: mio figlio gioca con il telefono tutto il giorno; ho paura della possibilità di un parto cesareo; gli ospedali in Italia ti fanno tanti esami e visite che non comprendo; mi sento sola nel supporto scolastico a mio figlio…
I cerchi così pensati vogliono essere uno spazio protetto in cui le madri possano parlare liberamente, infatti i primi requisiti sono l’accoglienza e l’ascolto attivo, mentre lo scopo è quello di animare insieme un contesto in cui le donne non si sentano sole, si scambino consigli nell’ottica del brainstorming, condividano il piacere della maternità mentre legittimano difficoltà e fatiche, focalizzano cambiamenti e interiorizzano vissuti complessi per migliorare gli adattamenti creativi nel vivere dentro questa società. Il cerchio è uno spazio emotivo protetto e trasformativo, un luogo dove la parola è libera, mai giudicata. La garanzia della discrezione e di assenza di giudizio è ribadita dalla doula a ogni ritrovo. Il potere di trasformazione degli incontri è stato evidente per gli operatori che hanno visto un prima e un dopo in queste donne già conosciute con la scoperta di nuovi aspetti e volti, nuovi sorrisi e parole.
I cerchi hanno permesso di sviluppare fra pari un’ottica volta all’autonomia. Siamo fiduciose che si tratti di una «buona semina».
L’esperienza dei cerchi, come ha un inizio, così si conclude, ma le visite di gravidanza, i controlli contraccettivi, i colloqui con le maestre, le sfide quotidiane con i figli, quelle proseguono ogni giorno. Si è
affiancate da operatori ma non per sempre e nemmeno troppo a lungo. I cerchi hanno permesso di sviluppare fra pari un’ottica volta all’autonomia, improntata all’imparare a fare da sole, a muoversi sempre più consapevolmente in questa società.
Secondo la doula che ha accompagnato i cerchi, costruire un legame fluido tra gravidanza e post gravidanza aiuta a riconoscersi e a tenere insieme le proprie parti di donna all’interno di un processo composto da varie fasi delicate come la gravidanza, l’avvicinarsi del parto, l’allattamento…
In tutto questo è emersa con forza la scelta delle donne di scambiarsi i vissuti, «tirarsi fuori» raccontandosi, ascoltandosi e accogliendosi reciprocamente, in una cornice il più possibile neutrale e priva di giudizio.
La cura delle condizioni logistiche
Le donne, ciascuna con i propri tempi, con il livello di profondità scelto nell’interagire nei cerchi, con le proprie modalità di pensare e immaginare, si sono messe in gioco, partecipi e solidali le une con le
altre. Non sono mancate sane risate e cibo condiviso. Tutte hanno mostrato la voglia di trovarsi e aprirsi anche fra estranee e culture differenti, fino a condividere un sottofondo denso di tessuto relazionale.
Sono nate amicizie, collaborazioni, reciprocità, mentre. la chat di messaggistica per organizzare gli incontri è diventata un luogo virtuale di nuova comunicazione, di scambio, di sostegno che proseguono al di là del percorso strutturato.
L’immersione nei mondi del mutuo aiuto fra donne non è stato un percorso privo di difficoltà, a cominciare dalla stessa possibilità per le donne migranti di raggiungere la città, partendo dai paesi intorno. Molto
importante è stata l’attenzione posta sulla logistica volta ad assicurare gli accompagnamenti delle ospiti. Le famiglie sono infatti distribuite su tutto il territorio, in quanto l’accoglienza SAl è diffusa nei piccoli Comuni.
Il cerchi è uno spazio emotivo protetto e trasformativo, un luogo dove la parola è libera, mai giudicata.
Questo aspetto, se da un lato favorisce le relazioni con la popolazione locale e si è dimostrato nel tempo una risorsa per il territorio, dall’altro comporta non poche criticità nella mobilità dei cittadini stranieri
in quanto non sempre i piccoli centri sono ben serviti dai mezzi pubblici.
Altra difficoltà pratica-organizzativa è stata il pianificare gli incontri in modo che per la donne gli impegni formativi (scuola di italiano e corsi professionalizzanti), lavorativi e famigliari potessero trovare spazio.
La consapevolezza di una buona semina
Siamo fiduciose che si tratti di una «buona semina», in primo luogo per i feedback ricevuti dalle donne partecipanti che, nonostante le difficoltà, hanno riconosciuto l’utilità di un percorso animato da figure
professionali, hanno mantenuto costante la frequenza e il livello di coinvolgimento consapevole e attivo, ben sapendo che sintonizzarsi in gruppi di pari, in esperimenti liberi di mutualità immette tutte le donne in sentieri che portano alla conquista dell’autonomia personale e della possibilità di essere di aiuto per le proprie famiglie e figli, per il futuro della collaborazione tra tutte nella comunità che le ha accolte nel loro migrare.
Abbiamo cercato di supportare un viaggio di autoconsapevolezza che potesse far sentire queste donne meno sole, meno strane, meno abbandonate, tentando di mostrare loro che esistono organizzazioni e luoghi di riconoscimento e di supporto dei momenti di fragilità. E da questo piccolo e metaforico viaggio arriva integra e confermata la forza del femminile che, anche oggi, resta fatta di tenerezza e tenacia.
Grazie a tenerezza e tenacia è stato possibile sperimentarsi in un’azione partecipata ché ha evidenziato la necessità e possibilità di favorire, in forme diversificate ma convergenti, l’inclusione socio-lavorativa dei cittadini migranti con la consapevolezza che un’inclusione capacitante passa anche attraverso reti di supporto e mutualità che favoriscano la formazione del tessuto sociale indispensabile per un’effettiva emancipazione delle famiglie tutte sul territorio.
Alice Guerrini, educatrice professionale e mediatrice linguistica e culturale, è operatrice nei progetti di accoglienza SAl per la cooperativa Crescere insieme di Acqui Terme (Al): guerrini.a@crescere-insieme.it
Giovanna Lo Scalzo, educatrice professionale, è responsabile della comunicazione per la cooperativa sociale Crescere Insieme: loscalzo.g@crescere-insieme.it